16 ottobre 2011

dal Puno a Sucre (Bolivia), passando per il Titicaca, La Paz e Potosi'

Allora, non so da dove inziare. Potremmo inziare col fatto che siamo appena arrivati a Sucre, quella che si dice essere la piu’ bella citta’ della Bolivia, ma per noi in questo momento ha un altro significato, ovvero che sismo scesi a quota 2.700 metri!
Ebbene si’, perche’ dopo quasi due settimane passate oscillando tra i 3.800 e i 4.100 metri, dove dopo quattro scalini hai il fiatone manco avessi corso una maratona, dopo una sigaretta non ne parliamo, ogni birra martella la testa come fossero due damigiane di vino e durante la notte ci svegliavamo quasi ogni ora..beh stavamo impazzendo!
Oppure potremmo iniziare col celebrare e festeggiare i primi tre mesi dall’inizio di questo viaggio..e che tre mesi!! J
Ma andiamo con ordine e torniamo a Puno, sulle sponde del lago Titicaca, dove ci eravamo lasciati. Da Puno, a bordo di una lancia, dopo una breve visita alle isole galleggianti di Uros ci siamo diretti sull’Isola di Amantani’ dove siamo rimasti due notti. Premessa: l’isola non ha elettricita’ ne’ acqua corrente, e i suoi abitanti vivono senza televisione e qualsiasi altro tipo di comfort occidentale in un regime di autarchia: coltivano e allevano quello di cui hanno bisogno per sostentarsi, ma a parte pochi soles al mese derivanti dal turismo non guadagnano soldi e pertanto non lasciano e non lasceranno mai l’isola. Il che fa riflettere e non poco.
La nostra permamenza e’ trascorsa veloce all’insegna delle celebrazioni per i quarant’anni dalla fondazione della scuola dell’isola, tra balli e canti dove i giovani studenti davano il meglio di loro indossando costumi di tutti i tipi e colori. E grazie a Ivan e Flavia, una coppia dell’isola che ci ha accudito preparandoci pranzi e cene neanche fossimo i loro figli, ci siamo sentiti davvero a casa.
Da Amantani’ siamo poi tornati a Puno, e dopo aver sbrigato le pratiche di immigrazione in un ufficio di frontiera a Yunguyo ci siamo fermati a dormire nella tranquilla e meno famosa Copacabana boliviana.
Con la Bolivia sono tornati gli urlatori nelle stazioni e i venditori ambulante sui bus che mancavano dai tempi dell’Ecuador, e soprattutto sono esplosi i costumi tradizionali quechua e aymara con le loro bombette nere e verdi, le maglie sbrilluccicanti e le gonne di infiniti disegni e tessuti. E con la Bolivia purtroppo e’ tornata anche molta poverta’.
Ci siamo fermati tre giorni a La Paz, che se da un punto di vista architettonico lascia il tempo che trova, ha un suo fascino derivante dal fatto che e’ stata edificata in mezzo alle Ande, e pertanto e’ composta da una citta’ nella vallata (La Paz, appunto) e una citta’ che si arrampica sulle montagne (El Alto). Abbiamo girato dei mercati molto particolari, come quello che vende i feti di lama (da sotterrare sotto le nuove abitazioni in segno di buona sorte) e quello degli stegoni (curatori che si appoggiano a medicine naturali non lontani dalla tradizione cinese), abbiamo visitato in un interessante museo sulla rivoluzione del 1952 che ha portato alla nazionalizzazione delle miniere, ma soprattutto siamo andati a vedere Bolivia-Colombia allo stadio (qualificazione per i mondiali di Brasile 2014). Inutile dire che la Colombia ha vinto..la nazionale boliviana e’ davvero scarsa! Quando il cuore non basta ;)
Infine da La Paz, dopo una notte trascorsa nell’anonima Oruro per spezzare un viaggio che altrimenti sarebbe stato troppo lungo, siamo arrivati a Potosi’ (la piu’ alta citta’ del mondo). L’esperienza piu’ significativa e’ stata la visita alle miniere che si estendono poco sopra la citta’. Abbiamo avuto modo di vedere un lavoro cosi’ lontano dal nostro immaginario e cosi’ comune qui in Bolivia. Abbiamo percorso chilometri di cunicoli, strisciando alle volte per passare da un livello all’altro della miniera, incontrando minatori che spingevano i pesanti carrelli píeni di minerali in un’aria calda e soffocante a causa della polvere e degli altri frammenti fossili spigionati dalle esplosioni di dinamite. Insomma un lavoro durissimo per un salario quasi inesistente, di cui pero’ i boliviani sono molto troppo orgogliosi. E oggi anche noi siamo davvero orgogliosi di loro.

2 commenti:

  1. "Dalle Alpi alle Ande Boliviane un solo grido si espande : Klose al 93° " :-)

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  2. Anche gli imprevisti fanno parte del viaggio, tranquilli.

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